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Philippe Daverio:
Ho conosciuto Vincenzo Nucci tramite Ruggero Savinio, Piero Guccione a Sciacca, due artisti amici e un luogo enigmatico del sud della Sicilia. Ho scoperto nello stesso tempo i luoghi e i dipinti.
Le opere di Nucci non raccontano il paesaggio, lo evocano; sono impressioni di memoria e di luce. Sono la nostalgia per cose che la Sicilia di oggi sta inesorabilmente cancellando. Il mistero di Nucci è il suo studio, in una di quelle case, in salita sul porto, che formano la parte araba della città di Sciacca. Lì prendono forma i ricordi e nascono le architetture e i giardini guardando, attraverso una finestra oblunga come i suoi quadri, solamente il mare senza orizzonte.”
(testo in catalogo- Giardini di Sicilia-Galleria Philippe Daverio, Milano, 1990
Lenti percorsi alternativi della pittura, silenti nel trambusto della comunicazione sgracchiante. Un vento discreto come i passi d’un amico si muove talvolta fra le palme e gli arbusti. La temperatura può essere d’ogni genere e qualità, ma non è mai continentale. Su tutto il creato arieggia l’atmosfera marina, il senso della distanza che genera il mediterraneo nel suo occhio centrale.
La Sicilia richiede determinazione, una determinazione quasi testarda. Troppo forte è la terra, troppo feroce il paesaggio, troppo presenti l’Africa, l’Oriente, la terra romana, i greci d’una volta che continuano a camminare nella vibrazione del sole. Capire non serve. Solo sentire, e per sentire ci vuole tempo.
Vincenzo Nucci persegue un percorso perenne, inalterato, determinato. Da decenni è quello del suo dipingere ciò che nella mente sua rimane di ciò che l’occhio quotidianamente percepisce. Lo vedevo oltre vent’anni fa nel suo studio di Sciacca esattamente nella posizione nella quale lo ritrovo oggi. Decide egli ogni giorno di continuare. La mano con regolarità lascia segni di colore che si richiamano sulla tela come nel tempo, col pastello o con l’olio talmente similari ormai che si fatica talvolta nelle riproduzioni a capire quale mezzo abbia usato.
E il percorso, che allora appariva sperimentale, si legge oggi come una naturale evoluzione della sua determinazione, quella siciliana. L’opera di ieri è diventata l’opus che oggi si presenta e che contribuisce non poco a chiarire il panorama d’una pittura contemporanea che brancola nelle incertezze critiche. La sua è una difesa convinta del mezzo pittorico come strumento dell’indagine lenta e profonda. Forse solo la parola scritta gode della medesima capacità a non stancare. Forse solo la parola scritta raggiunge il medesimo vibrare poetico nel girare all’infinito i confini d’un cosmo stabile. I linguaggi antichi e sperimentati sfidano le invenzioni recenti: possono affrontare ritmi diversi per giochi cerebrali ben più sedimentati.
Diventano fondamentali così elementi singoli che si replicano, scorci d’architettura, quell’architettura siciliana che proviene dal profondo della storia e sembra sempre sul punto di disfarsi, pezzi di paesaggio, quel paesaggio di Sicilia che si annulla nell’infinito della luce e della percezione, pezzi di natura, quel verde impenetrabile nelle sue contorsioni e negli spini che lo difendono, portatore di fiori che gridano al sole il colore della loro identità mediterranea. Sul tutto troneggia la palma, esaltazione del barocco per eccellenza, non d’un barocco temporale ma d’un barocco perenne che è voluto dalla natura appunto, quella della terra, delle piante e pure quello della mente umana che lì si forma e vive. Nel chiostro di Monreale sopravvive una fontana solitamente senz’acqua inventata in quel dodicesimo secolo quando normanni e arabi si confondevano in un’unica visione. E’ una solida colonna di pietra scavata con le zigrinature tipiche del tronco di palma; alla cima si allarga leggermente e lascia apparire una serie di fori. Se l’acqua vi tornasse a sgorgare con forza lancerebbe zampilli che a raggiera evocherebbero le foglie della palma. Nei quadri di Nucci questa forza sorgiva e tettonica pulsa costantemente, inalterata…
Philippe Daverio,
osservatore attento
del caso Nucci, pittore a Sciacca in studio con veduta sul mare.
altri che hanno scritto di lui:
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